WP 1.3

SPECIFICA TECNICA DI MOLTIPLICAZIONE DELL’APE ITALIANA

La moltiplicazione delle api regine è un processo multistrutturale che va ad emulare, quanto più fedelmente possibile la dinamica naturale delle api all’interno dell’alveare, la genesi di una nuova regina durante la riproduzione dell’alveare o sostituzione della regina. È importante curare i dettagli durante la fasi assicurandosi che le conduzioni di allevamento siano ottimali e funzionali ad un prodotto finale biologicamente qualitativo e performante. Il modello di produzione è ovviamente successivo alla scelta del riproduttore, ovvero della regina da cui verrà attinto il materiale genetico di partenza, e può essere così schematizzato:

1. Traslarvo: È il primo passo del processo di produzione delle celle reali ed è la fase in cui le larve idonee saranno prelevate dal favo deposto dalla regina madre e dislocate nei cupolini calibrati da cella reale. Le larve ritenute idonee sono larve d’età compresa tra le 24 e le 48 ore di sviluppo a partire dall’ovodeposizione, spingendosi sino a un massimo di 72 ore (Foto 1). La necessita di reperire larve a stadi di sviluppo così precoce risponde a due esigenze: la prima biologica, ovvero saranno larve ancora nutrite esclusivamente con pappa reale e quindi “lontane” dall’inversione di casta; la seconda di natura strettamente tecnica, ovvero l’utilizzo di larve di età compresa tra le 24 e le 48 ore ci garantisce la maturazione della cella reale e il suo sfarfallamento dopo l’undicesimo giorno dal traslarvo. Sul cupolino di destinazione è bene mettere una goccia di pappa reale per facilitare il rilascio della larva, evitandone il danneggiamento: tuttavia esistono diverse tecniche di traslarvo che vengono definite a “secco”, cioè che non prevedono l’utilizzo di pappa reale sul fondo della cella. In commercio oggi esistono sia cupolini in cera d’api sia in plastica. La principale differenza sta nella forma: la classica forma a “mezzo uovo” quella di cera, semicilindrica quella in plastica. Ad oggi non sono note differenze sostanziali nell’utilizzo della cera piuttosto che della plastica, benché la prima abbia un impatto ecologico positivo e rispetti l’utilizzo di matrici naturali.
Altro fattore che incide notevolmente sulla buona riuscita e sulla qualità del traslarvo è l’ambiente di lavoro.
Effettuare numerosi traslarvi vuol dire mettere la covata fresca per un tempo variabile in condizioni differenti da quelle ideali e controllate all’interno dell’alveare, ma soprattutto essendo ancora disopercolata risulta essere facilmente suscettibile alle variazioni termiche.
È pertanto fondamentale individuare un locale chiuso a temperatura “controllata”, evitando luoghi di fortuna e ambienti esposti a fattori climatici.

2. Maturazione delle celle reali: Una volta effettuati i traslarvi, questi verranno inseriti in appositi alveari (cassoni) i quali si occuperanno dell’accettazione e della nutrizione. Si definiscono cassoni, alveari orfani o semiorfani, a cui viene affidata la nutrizione, l’opercolatura e la maturazione delle celle reali.
Ad oggi esistono diversi modelli di cassoni che differiscono l’uno dagli altri per forme e dimensioni (in termini di covata e popolazione al suo interno).

I principali cassoni utilizzati nel panorama italiano ad oggi risultano esser 3:

Cassone a favo caldo (Foto 2): : è un cassone da 10 o 12 telai Dadant Blatt, ruotati orizzontalmente di modo che la faccia del telaio risulti parallela alla fessura d’uscita. La sezione anteriore, che accoglie 3 telai più il portastecche, è orfana ed è separata tramite escludiregina verticale dalla sezione posteriore dove trovano alloggio i restanti telai con la regina. È un cassone caratterizzato da un’ampia popolazione che garantisce un’ottima nutrizione e mantenimento delle condizioni ideali di sviluppo delle celle reali. Nel rispetto della qualità, il numero medio/massimo di celle da nutrire e di 15–18 celle reali contemporaneamente fino alla loro opercolatura.

Cassone triplo o all’italiana (Foto 3): è un cassone che sostanzialmente somma in un’unica struttura 2 alveari standard da 10 favi (lateralmente) e un nucleo da 6 favi (centralmente), ciascuno con la sua via d’uscita. I due laterali ospitano due famiglie con regina e sono messi in comunicazione con il nucleo centrale mediante una feritoia interna con escludi regina. Il nucleo centrale è orfano e accoglie 4 telai più 2 portastecche. Pertanto la sua capacita di allevamento risulta raddoppiata rispetto ad un cassone singolo (vedi sopra). Le peculiarità sono l’immensa popolazione (circa 2,5 volte maggiore) che garantisce un’alta nutrizione delle celle reali.

Cassone verticale (Foto 4): è un cassone ad orientamento verticale costituito da due sezioni una sovrapposta all’altra, separato da escludiregina. Generalmente lo scomparto superiore è quello deputato all’allevamento delle celle reali. In base alla dimensione, ovvero se costituito da due corpi da 10 favi o da due corpi da 6 favi, può accogliere 1 o 2 portastecche. Pertanto la sua capacità di produzione sarà relativa alla dimensione. Anche questo cassone vanta un’ottima popolazione, sebbene si possa marcare qualche difficoltà nel suo utilizzo dovuta allo spostamento dei due corpi durante l’ispezione.

Tutti i cassoni sono soggetti ad una tecnica, chiamata “rimonta”, che comporta l’ispezione e lo spostamento di favi dalla parte con regina alla parte orfana e viceversa, ad intervalli ben cadenzati. Oltre alla categoria cassoni, risulta molto diffuso l’utilizzo di famiglie orfane per l’allevamento delle celle reali. Questa procedura prende il nome di starter o finisher orfani (Foto 5), a seconda se vengano utilizzati esclusivamente per l’accettazione dei traslarvi o se vengano utilizzati per l’accettazione e la maturazione delle celle reali. Generalmente si tratta di cassettini da 6 favi (ma possono essere impiegata anche arnie standard), orfani, con una grande popolazione. Sebbene di facile gestione per l’assenza della regina, questa peculiarità comporta uno squilibrio all’interno della popolazione in termini di api nutrici (l’assenza di regina comporta una mancanza cronologica di covata e quindi un numero proporzionale di api di diverse caste). Se non ben gestite attraverso l’aggiunta puntuale di favi di covata, può comportare complicazioni nel processo di allevamento di celle reali. Si può quindi affermare l’importanza di mantenere elevata la popolazione e la continuità di covata al fine di disporre costantemente del numero necessario di api nutrici per la nutrizione delle celle reali e una temperatura idonea allo sviluppo.

UTILIZZO CELLE REALI
Le celle reali permarranno all’interno dei cassoni fino al 10°/11° giorno, momento in cui la regina vergine al suo interno sarà pronta allo sfarfallamento.
Il giorno esatto di sfarfallamento è relativo alla dimensione/età della larva traslarvata (Foto 6).
Al termine della maturazione potranno essere utilizzate per essere inserite nei nuclei di fecondazione. Durante questa fase è possibile l’utilizzo dell’incubatrice. Questa può essere utilizzata per raddoppiare la capacità produttiva o dimezzare le unità produttive (cassoni). 

Difatti al 5° giorno dal traslarvo, non appena le celle sono state opercolate, è possibile far continuare la loro maturazione all’interno dell’incubatrice (Foto 7), dove verranno ricreate le condizioni (temperatura e umidità) dell’alveare. In questo contesto, le celle vengono private della costante selezione e ispezione da parte delle api durante la loro permanenza negli alveari. 

Altra modalità d’utilizzo prevede l’introduzione delle celle reali nell’incubatrice a partire dal 10° giorno: ciò consente di avere la comodità pratica nel loro utilizzo secondo le esigenze del momento senza privare le celle della selezione effettuata dalle api. In termini pratici ciò ci garantisce una percentuale di sfarfallamento molto elevata. Dal 6° al 9° giorno è bene non movimentare le celle in maturazione onde evitare il distacco della larva dal fondo della cella che comporterebbe la morte della larva.
Le celle mature infine verrano utilizzate e inserite all’interno di nuclei orfani, dove verrà allevata la futura regina.

I nuclei di fecondazione hanno un ruolo fondamentale nella gestione pre e post accoppiamento della regina, e possono influenzare positivamente o negativamente la qualità della regina stessa. A parità di condizioni climatiche-ambientali favorevoli, qualsiasi tipologia di nucleo può dare una regina di eguale qualità.
Tuttavia al variare negativamente delle condizioni esterne, alcuni nuclei risultano fornire garanzie migliori: l’aspetto più importante rimane comunque la capacita di gestione dei nuclei stessi al fine di ottenere una buona regina.
Esistono diverse tipologie di nuclei che possiamo classificare in base alla loro dimensione e/o formato di telaio:
Ciascun nucleo mostra vantaggi e svantaggi in sede di utilizzo, così come ogni nucleo richiede una gestione assai differente. 

L’obiettivo deve essere quello di poter avere livelli di api, covate e scorte sufficienti affinché un nucleo sia autosufficiente durante la stagione produttiva (salvo eventi climatici eccezionali) e garantire le migliori condizioni di allevamento dell’ape regina. 

I punti di forza dei nuclei piccoli (Foto 8) sono la ridotta quantità di risorse per il loro avvio, il numero elevato degli stessi da poter dislocare in un dato territorio e i tempi rapidi delle fecondazioni, mentre il punto debole è l’impossibilità di permanenze prolungate della regina e lo spazio fisico disponibile per la deposizione e quindi di una sua prima valutazione. 

Per ciò che concerne nuclei di dimensioni più grandi (Foto 9), essi mostrano caratteristiche opposte: materiale di partenza maggiore, spazi di dislocazione elevati, tempi di fecondazione appena più lunghi. Tuttavia la superficie disponibile per l’ovodeposizione sarà più ampia e sufficiente per la prima valutazione, oltre ad offrire possibilità di permanenze più lunghe della regina e versatilità/destinazione d’uso del nucleo stesso a seguito dell’accoppiamento.

Torna in alto